04 maggio 2008

Re in fuga

Me lo immagino ancora che si affaccia sui ghiacci, su quel nudo paesaggio, e non dice più niente, non ha niente da dire. E’ un’ombra dietro ai vetri: pura essenza dolente, cristallina amarezza. Islanda: un luogo della mente, la perfetta astrazione. Me lo immagino ancora ma fantastico a vuoto e ogni cosa si annebbia. Il suo estremo silenzio: la sua pace violata: la sua ultima fuga. Ora, lo so che è morto, e non credo ai fantasmi. E’ il 18 gennaio, una scialba mattina. I lanci delle agenzie, queste goffe parole. Dicono che è morto e già provano a imbalsamarlo, a inchiodarlo a uno schema. Sono vane cerimonie, rituali bugiardi. Lasciate pure che parlino, fateli sfogare. E’ stato e non è più, senza uscire di scena. Non c’è altro da dire. Robert James Fischer è morto ieri a Reykjavik in un letto di ospedale. Causa (presunta) del decesso: insufficienza renale. Non credeva ai medici; non s’è fatto curare.

Che volete che cambi, cosa mai può cambiare?

[Vittorio Giacopini, Re in fuga]

Ho imparato a giocare a scacchi a novembre del 1972 sull’onda della grande sfida di Reykjavik.Avevamo tutti, forse in tutto il mondo, lo stesso nome e cognome a punta di labbra: Bobby Fischer.

Ma Robert James Fischer, oltre che “il campione di scacchi” fu anche il genio dell’individualismo, l’archetipo della solitudine alla quale ogni individuo è ineluttabilmente condannato.

Per cui, rinunciare alla propria solitudine, offrirsi agli altri, vuol dire rinunciare alla propria libertà, affogare nelle maglie di un potere stritolante, fatto di mille poteri e questo è il compromesso che accettiamo fin dal nostro primo istante di vita.

Ma Bobby Fischer, fin dal suo primo istante di vita, coltivò la solitudine estrema attraverso gli eccessi di un carattere irriconducibile ed estraneo a qualsiasi luogo del mondo, fisico o no.

Ma è possibile inseguire l’assoluto del proprio individualismo, dimettersi dalla società degli altri individui?

Per Bobby Fischer questa tensione significò una vita in fuga perenne, come ci ricorda il libro di Giacopini, Re in fuga. Ogni qualvolta sentiva stringersi le spire del controllo si dimenava ma il potere è labirintico e ogni fuga finiva per condurlo inevitabilmente in un nuovo vicolo cieco, verso l’ennesimo ostacolo. Ogni volta, il destino, in un assurdo gioco al rilancio, alzava il prezzo della libertà. E allora, i vicoli ciechi si trasformarono in contraddizioni e le contraddizioni usate come armi in quella che divenne una guerra feroce tra lui e il mondo, con gli USA che si ersero a gendarme implacabilmente ridicolo, e forse entrambi i contendenti subirono, infine, la stessa sorte, entrambi vinti.

Robert James Fischer, Chicago, 9 marzo 1943-Reykjavik, 17 gennaio 2008, il campione.

Letture
Vittorio Giacopini, Re in fuga. La leggenda di Bobby Fisccher, Mondadori 2008

Immagini
copertina del libro di Giacopini

3 commenti:

Anonimo ha detto...

vado irrimediabilmente off topic.

Allora esisti ancora!!Mi fa piacere. Sono rimasta indietro con gli aggiornamenti, ora provvedo. (Rimane qualche posto in cui scrivi di fotografia?)


Chahut.

Anonimo ha detto...

Vieni da me...
la mia la tua terra... ;)

Rodolfo Marotta ha detto...

Irene
L'avevo già letto, perchè, per quanto possa sembrarti incredibile, ti seguo sempre. In silenzio, ma ti seguo, cara amica.
Chiara
ti ho risposto sul tuo blog. Anche tu sempre in fuga e sempre più inquieta.