13 gennaio 2008

Solitude standing

Provo a cancellare ogni traccia di me, lungo il percorso,
ogni indizio che rimandi al mio passaggio.
Cerco la dimensione invisibile. Desiderio di assenza,
ricordo che si affievolisce in dissolvenza totale,
il mai esistito che reclama la supplica del suo diritto..

Eppure dovrei cercare l’ immortalità, dicono,
è ciò a cui si anela, d’altronde. Ma non io. Voglio, per me,
l’oblio totale. Biodegradabilità al cento per cento.

Non una fotografia dovrà restare,
che le fotografie si illudono di conservare le esistenze
richiamando il soffio spesso della memoria.
Ma che povera memoria sanno suscitare!
Stanco scheletro, ingessato nel suo odore di morte.
Tutto dovrà bruciare, perduto in mille scintille.

Il mio oblio di stella implosa
gravi poderoso sullo strascico tranquillizzante
anestetizzante auspicabile agonizzante
del ricordo

In questo piccolo angolo di blog non passa più nessuno, ormai, e forse è venuto il tempo che chiuda le persiane e mi goda questa penombra lieve di pensieri e pregna di aromi, con gli occhi socchiusi e la pace nel cuore.
Occhi luminosi mi aspettano e musica pronta ad abbracciarmi. Di cos’altro possa aver bisogno, non lo so ma mi accontento di questa serenità che ho avuto in dono, senza null’altro aspettarmi.

La solitudine è la porta della coscienza ma anche l’impietoso richiamo del nulla. In fondo, è la nostra dimensione più vera. In essa è visibile la vita nelle sue vie più discrete. Se solo si riuscisse a vincere l’angoscia della sua presenza, ci arriderebbero le nascoste architetture della nostra esistenza di individui.
La solitudine, vista come una malattia in quest’epoca che la rifiuta poiché non funzionale al sistema economico e sociale.
In certi momenti mi basta il filo di fiato che passa leggero attraverso il clarinetto.

Letture
Salvatore Toma, Canzoniere della morte, Einaudi 2005

Musica
Miles Davis, Essential, Emi

Immagini
1-Mario Giacomelli, Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, 1957
2-Mario Giacomelli, Zingari, 1957
3-Mario Giacomelli, Zingari, 1957


5 commenti:

Rodolfo Marotta ha detto...

Ho commesso un errore nelle note in calce e mi scuso: la fotografia di Giacomelli appartiene alla serie "Non ho mani che mi accarezzino il volto", del 1961-63

Anonimo ha detto...

Provo a cancellare ogni traccia di me, lungo il percorso,
ogni indizio che rimandi al mio passaggio.
Cerco la dimensione invisibile. Desiderio di assenza,
ricordo che si affievolisce in dissolvenza totale,
il mai esistito che reclama la supplica del suo diritto..

e poi...

Eppure dovrei cercare l’ immortalità, dicono,
è ciò a cui si anela, d’altronde. Ma non io. Voglio, per me,
l’oblio totale. Biodegradabilità al cento per cento.


E poi ancora:

La solitudine è la porta della coscienza ma anche l’impietoso richiamo del nulla. In fondo, è la nostra dimensione più vera. In essa è visibile la vita nelle sue vie più discrete. Se solo si riuscisse a vincere l’angoscia della sua presenza, ci arriderebbero le nascoste architetture della nostra esistenza di individui.
La solitudine, vista come una malattia in quest’epoca che la rifiuta poiché non funzionale al sistema economico e sociale.

Avrei voluto saperlo dire io.
Quindi,per favore,le persiane lasciale aperte.

scritture2 ha detto...

io ci passo, leggo, forse a volte bisognerebbe lasciare un'orma, nella solitudine della neve le orme ci ricordano che qualcun altro ha lasciato l'impronta del suo silenzio. Ciao Lucia

Anonimo ha detto...

Il tuo blog è linkato nel mio; ho registrato i feed tale che possa leggere le novità. Non mi sembra che non passi nessuno...però questo tuo pensiero mi ricorda un mio post sul tema "morte da blog". Affettuosamente, Antonello

Anonimo ha detto...

terra..un nome così non può che essere biodegradabile, eppure..è così solida per noi..