Cangianti città, di gocce d'acqua

Quanto manca d’azzurro a questo cielo
starò forse vivendolo con voi
mentre diagonalmente il finestrino
riga la pioggia, formandovi labili
topografie in cui il primo pensiero
è quello di trovare un luogo per collocarvi
coi vostri mille volti.
Dell’angoscia la servizievole tela
così si sperde mentre percorro vie
labirintiche e vengo in cerca di voi
in cangianti città, di gocce d’acqua.

In questi versi di Vittorio Bodini ritrovo il senso e il dolore del viaggio migrante pur non restituendo, essi, riferimento diretto ad alcun viaggiare.
Il perché di questa stramba associazione di idee è legato a un preciso episodio della mia vita, la storia di un amore impossibile, lei che scrisse a matita questi versi nella copertina interna de L’insostenibile leggerezza dell’essere che mi prestò affinchè lo leggessi, in treno, nell’ennesimo viaggio d’arrivederci (ma tutte le volte era la replica di un interminabile addio).

Appartiene un po’ a tutti la malinconia delle mille righe di pioggia battente sui vetri delle finestre dove lo sguardo si posa, prigioniero di pensieri nostalgici e di piombo nel petto.
E questo stato d’animo si perde nelle effimere topografie di gocce d’acqua. In quelle misteriose e cangianti città.
Ogni viaggio è un desiderio di libertà che contiene in sé un senso di perdita.

Bibliografia
Vittorio Bodini, Poesie, Congedo Editore
Milan Kundera, L’insostenibile leggerezza dell’essere, Adelphi

Immagini
1-foto di Carmelo Bongiorno
2-anonimo
3-anonimo