La pancia molle della provincia, la barca scura, Diane Arbus e...un clarinetto
Succede in una città di provincia.
Succede che una donna decida di fare sesso con alcuni amici. E’ un gioco e la cinepresa che sovrintende la scena fa parte di questo dolce gioco.
Si sa, però, che la tecnologia fa imprevedibili passi da gigante e succede che qualche tempo dopo questo filmato compare in rete, su YouTube.

Dire che questo accadimento sia spiazzante è troppo poco. E’ evidente che le modifiche, le alterazioni degli equilibri sociali indotte da uno sviluppo tecnologico dalle progressioni esponenziali sfugge a ogni possibile tentativo previsionale o semplicemente descrittivo. Si è modificato il rapporto tra la nostra soggettività e l’oggettivo sociale nel quale la prima si esplica, in che modo tutto ciò sta succedendo, non si può arguire da alcun indizio (nessun indizio è affidabile, meglio).

Ecco, dunque, la città di provincia con i suoi luoghi comuni e gli eccessi maschilisti (francamente insulsi). E l’informazione (i giornali), spiazzata dalla potenza della rete, che, incapace di reggere in velocità, ripiega sul pettegolezzo becero e su una sorta di “politically correct” che con tutta la buona volontà non riesce a sfuggire alla trappola del gossip. Il tutto in prima pagina. Magari con foto tratte dal filmato e intervista esclusiva alla protagonista.

Un’altra notizia di prima pagina compare sull’inserto cittadino de La Stampa: “Vandali imbrattano il monumento a Cavour”.
Sento la tristezza di vivere in una città dove le maggiori preoccupazioni sono rappresentate da un video osè, dagli imbrattatori del monumento a Cavour o il giovane che è morto di tumore piuttosto che l’operaio di quarant’anni deceduto improvvisamente per un infarto e, ovviamente, conosciuto e stimato da tutti.
Sono le prime pagine dei giornali della mia provincia, di quella provincia preoccupata dalla criminalità dilagante, che vede gli immigrati come il pericolo pubblico numero uno, vuole più polizia e ha riempito ogni vicolo di telecamere.
Allora, può essere notizia di rilievo cittadino il fatto che il sottoscritto abbia comprato un clarinetto e che giovedì mattino comincia le lezioni di tecnica?
E che male c’è a ripensare, a continuare a pensare a chi continua a morire in fondo al mare, inseguendo il sogno impossibile di un riscatto dalla vita in assenza di vita del suo paese martoriato? Ecco il testo di una canzone di Gianmaria Testa, La barca scura.

In fondo al mare canta
una sirena
Tutta la notte canta
e canta piano
per chi la vuol sentir
si sente appena
In fondo al mare canta
una sirena
E in mezzo al mare va
una barca scura
che ha perso il vento perso
dalla sua vela
e chi la sta aspettar
la aspetta ancora
In mezzo al mare va
una barca scura
In fondo al mare
In fondo al mar profondo
Ci lascio il canto mio che non consola
per chi è partito e si è perduto al mondo
In fondo al mare
In fondo al mar
In fondo
E magari questo post è tutta una scusa per indurre lo sguardo sulle fotografie di Diane Arbus…

Guarda…
Fotografie di Diane Arbus
Ascolta…
Gianmaria Testa, Da questa parte del mare, Fandango 2007

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