09 novembre 2007

Il respiro della musica

L’insegnante di violino dice a Marta che deve far respirare la musica. Le dice che la musica è un essere che vive e respira e un musicista che non la fa respirare è un assassino.
I bambini hanno capacità tecniche incredibili, davanti alle quali noi adulti restiamo increduli. Quelle loro magiche manine percorrono tastiere come in preda ad un’ebbrezza senza fine che uno non si capacità, guardandoli.

C’è una cosa, però, che a loro riesce difficile: la consapevolezza dell’essere musicisti, quella che ci porta a trattare la musica come un essere vivente, farla respirare appunto.
E non è un modo di dire, una metafora. No, si tratta proprio di indurre la musica a respirare come fanno gli esseri viventi. Col ritmo, per esempio, con i colori, come dicono a Marta i suoi insegnanti. E per lei, che con quelle incredibili dita può tranquillamente eseguire un minuetto di Bach, diventa la cosa più complicata del mondo infondere a quel minuetto il respiro, farlo diventare un prodigio. Un crescendo nella prima battuta, mantenere timbro e pressione costante su tutta la lunghezza dell’archetto, nella seconda battuta, un diminuendo nella terza e quarta battuta ed ecco che, come per magia, si ottiene il respiro profondo della musica. Facile a dirsi, certo, ma è gesto che richiede consapevolezza profonda delle possibilità del linguaggio musicale, un gesto non scontato, per quanto apparentemente semplice, una conquista.
E per Marta, che ha appena otto anni, il tempo necessario a capire non manca. Il futuro è dalla sua parte.

Impegnato da tempo in questo lavoro di conversione dei miei dischi, dal vinile al CD, sono riuscito, finalmente, a trovare un CD doppio del famoso “Saxophone Improvisations Serie F” di Anthony Braxton. Una inaspettata edizione francese (America France), un cofanetto con due CD a prezzo, tutto sommato, accettabile.
Questa performance musicale di Braxton si basa sul lavoro di quattro componenti: la creatività del musicista, il suo respiro, il timbro dello strumento e il silenzio.
Proprio questa contrapposizione fra il suono e il silenzio contribuisce a creare una dialettica così sensuale da farti precipitare in un vortice di incosciente estasi. Per circa un’ora e venti minuti il sassofono erutta il respiro dell’artista, inondando la verginità del silenzio circostante con traiettorie sonore nel quale timbro strumentale e fiato vitale si fondono in un tutt’uno di magia.
Un po’ come succede nella corrente artistica dello Spazialismo, penso ai famosi “tagli” di Lucio Fontana, in questa difficile musica di Braxton (sempre difficile, per un esecutore quando resta solo con il suo strumento) il silenzio, come la tela di Fontana che accoglie il taglio, si fa spazio intorno alle note, racchiudendole nella sua finitezza incompiuta che rimanda sempre ad altri spazi possibili.

Bibliografia:
Shinichi Suzuki, Crescere con la musica, Carisch
Claudio Casini, L’arte di ascoltare la musica, Bompiani
Laurent De Wilde, Monk himself, Minimum Fax

Discografia:
Anthony Braxton, Saxophone Improvisations Series F, America

Fotografia:
1-Robert Mapplethorpe
2-Robert Mapplethorpe
3-Robert Mapplethorpe


2 commenti:

Anonimo ha detto...

Torenrò a visitarti e a leggerti con più clama, per adesso ti saluto, Giulia

Rodolfo Marotta ha detto...

Ricambio certamente il saluto, giulia. Bentrovata.