21 agosto 2007

Autobiografia


Un luogo aperto, la stazione ferroviaria, col suo via vai di mille volti differenti e di cento nazioni.
Ci lavoro da sempre; a volte mi sembra addirittura di esserci nato, in mezzo ai treni, e di aver camminato per tutta la vita sulla massicciata. Non so fino a che punto la mia vita sia impregnata di ferrovia e di questa umanità varia, di incontri sedimentati in ricordi sbiaditi e ferite dolorose.
Perché quello del ferroviere è un lavoro che finisce per permeare i nervi fino ad annullarti lo spazio intorno. Fino ad escluderti da tutti i contesti. Una belva feroce.
Ho lavorato ma ho anche molto lottato per difendere il mio spazio vitale , la necessità di un tempo che non fosse stato solo il tempo del lavoro.

C’è un momento, nella vita di una stazione, un momento di seducente intimità, di estraniazione totale. Una specie di guscio privato, custode di strane percezioni.
E’ la notte.
E’ il tempo che si appropria dei segreti, diluendoli in uno spazio a parte, uno scrigno che non è più privato ma condiviso. E così, la notte della stazione diventa comunità di segreti, luogo privilegiato delle confessioni.
La notte delle stazioni è una dimensione intima che esclude l’umanità dei viaggiatori, protagonista incontrastata del giorno. La notte denuda lo spazio, lo pone in risalto, chiama un senso di attesa evocatore di mille presenze, e il vuoto delle sue strutture architettoniche, l’assenza che regala allo sguardo stupito, si accinge ad accogliere i miei pensieri confusi. Per ordinarli.
Un treno in transito, di tanto in tanto, rompe l’ordito tranquillo di questo incanto.

Fotografie:
di Rodolfo Marotta

1- Presenza/assenza 1
2- Presenza/assenza 3
3- Presenza/assenza 3

Eseguite alle 2.30 del 21 agosto 2007


10 commenti:

Anonimo ha detto...

Che meraviglia. Io non ci lavoro ma ci vivo, affacciata su una stazione. E ogni giorno binari e treni e persone che camminano e valigie e voci. Ma soprattutto la notte da quassù. Ci pensavo proprio stasera a quanto chi non le abiti da vicino non si renda conto di cosa significhino, le stazioni. (Seguirà, credo presto, un post dedicato). Ciao.

Rodolfo Marotta ha detto...

Ok, aspetto il post...

Anonimo ha detto...

Le stazioni di notte sono proprio come racconti tu... quasi imbottite d'ovatta, direi io, o forse è solo perché nel dormiveglia (in treno non si dorme mai per davvero)ti sembra tutto così!
Vedi, i treni sono stati i miei primi compagni d'avventura, e le stazioni ne hanno scandito le tappe... i lunghi viaggi fino a Palermo, e poi, appena sedicenne, la lunga serie di interrail per tutta Europa.
Ne ho viste molte di stazioni di notte... veri e propri gufi nel bosco!

Ciao D

P.S.
era un pò che passavo di qui... proprio un bel blog

Rodolfo Marotta ha detto...

Mi sembra che ormai i viaggi interrail stanno per essere soppiantati dai voli low cost. Eppure, almeno per i sedicenni, continuo a pensare con più romanticismo ai maggiori vantaggi del viaggio in treno (e non solo economici). Per quanto riguarda il farsi scandire la vita dai treni, direi che nel caso del pendolare, questo non è bello. La prima volta, in vita mia, che son salito su un treno è stato quando, a 26 anni, ho dovuto lasciare la mia città per andare a Torino dove ero stato assunto, appunto, in ferrovia.
Ricambio certamente il saluto. A presto.

Anonimo ha detto...

Adoro le stazioni.
E le odio.
L'ho anche scritto,una volta.

Ciao Rodò,sono tornata.Come stai?

remo bassini ha detto...

quella stazione che vedo in fotografia è, per me, la stazione dei ricordi.
era più bella, credimi, nel 1982 quando, operaio alla Ykk, decisi di fare il pendolare, ogni mattina, verso Torino (poi di pomeriggio tornavo, a lavorare).
il bar apriva prestissimo, arrivavano, sonnacchiose, le prostitute che s'incrociavano coi pendolari.
ricordo un pendolare, un bancario.
sul treno ogni tanto, guardando la nebbia, diceva: non vedo l'ora di andare in pensione, così mi trasferisco e vado in sicilia e lì, in sicilia, mi compro una barca e vivo con 10mila lire al giorno.
ripenso sempre a lui quando ri-passo davanti alla stazione...

Rodolfo Marotta ha detto...

ROBERTA
Anche io le adoro e le odio allo stesso modo. Il 10 luglio del 1982 mi strapparono dalla mia vita senza che potessi rendermene conto. Presi un treno dalla stazione di Lecce, binario 1, diretto a Torino, verso una nuova vita. Avevo 26 anni.

REMO
Anche tu il 1982...
Il bar apre ancora molto presto, ancora pendolari e prostitute si incrociano, ancora storie di vita varia. Ma la notte no, citando Arbore, la notte è diverso. Anche se la vita del giorno non scompare del tutto. Lascia tracce sparse sulla massicciata. E non si può fare a meno di sentirle. Amplificate.

remo bassini ha detto...

passa a trovarmi al giornale, mi farebbe piacere: anche se posso offrirti solo il caffè della macchinetta.
buone cose
remo

Rodolfo Marotta ha detto...

Non è necessario che venga a trovarti in redazione. Sono sufficientemente timido per trovare la cosa imbarazzante. Ma vercelli è minuscola e io, nel mio piccolo, sono una persona pubblica, spesso col cappello rosso in testa e gli occhiali. Credo che prima o poi ci incontreremo...

remo bassini ha detto...

è che io vivo in redazione. ma al mattino faccio un giro e passo sempre lì davanti. e a volte mi fermo..
a presto, dunque