Mestruazioni
Le mestruazioni. Ricordo la prima volta che ho assistito all’evento, quasi bloccato nel respiro.
Mi accostai a quell’incontro col mistero profondo della donna, dominato da un forte sentimento di curiosità, senza preclusioni di sorta, desideroso unicamente di farmi prendere dall’illusione che l’intrusione dentro quell’intimità mi avesse potuto consentire di appropriarmi del Mistero e ridurlo alla mia mercè.
Ho avvertito il senso di disagio con cui le donne portano dentro sé l’evento, l’ho sentito nelle innumerevoli sfumature fino all’estremo del rifiuto totale attraverso la sua soppressione violenta.
Una, per esempio, a meno di trent’anni di età, non aveva più mestruazioni. Mi spiegò che fin dall’adolescenza le bloccava con docce fredde ed ora le aveva completamente perse.
Che la libertà individuale potesse passare attraverso la soppressione del ciclo mestruale era convinzione diffusa. Non mi sentivo d’accordo ma non osavo controbattere, riconoscendo la mia inadeguatezza.
Ora vedo che c’è chi rivendica l’avverarsi mensile di questo sordo esplodere del corpo e lo esibisce davanti a una fotocamera. Il sangue che cola lungo le gambe, vuole affermare un forte senso di libertà, una specie di grido al mondo, un urlo di identità non solo individuale. La violenza del sangue affonda in una specie di senso profondo della vita.
Confesso la mia emozione. Ma anche la strana sensazione che il grido di questa donna non urli come dovrebbe. Forse per via del volto nascosto. Quel sottrarre alla vista degli “altri” la propria identità anagrafica rispetta la privacy ma strozza l’urlo, attenua la provocazione e uccide l’affermazione.

Avviene nel blog di Polystyrene che la comunità che lo ospita ha cercato di sopprimere con la censura, a dimostrazione di quanto disagio trasmetta, ancora oggi, questa fisiologica passione. La comunità dei bloggers ha reagito, inducendo i censori a ripubblicare le immagini, belle per ciò che rappresentano e per la valenza fortemente dissacratoria che esprimono. Devastanti, quasi come un’opera d’arte e tenere come una poesia.
Fotografia:
Polystyrene (col consenso dell'autrice)
Qui il set completo delle foto.
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