10 marzo 2008

Federico Del Prete

In terra di camorra i commercianti ambulanti pagano il pizzo. Sono quelli che animano i mercati settimanali con le loro mille bancarelle traboccanti di merce di medio valore e medio prezzo.

Si dice che anche nel deserto nascano i fiori. Come Federico Del Prete, ambulante in terra di camorra.

Federico Del Prete organizzò gli ambulanti in un sindacato e le prime serrate contro il pizzo. Portò alla stampa un foglio informativo. Quante leggi, norme e regolamenti che agli ambulanti erano sconosciuti e gli organi istituzionali si guardavano bene dal divulgare! E Federico Del Prete, col suo sindacato e il suo giornale, cominciava ad informare questi ultimi della società.

E alla camorra dava fastidio.

Eppoi a Mondragone, d’accordo con i poliziotti, fece arrestare il vigile urbano Mattia Sorrentino che riscuoteva il pizzo per conto del boss La Torre. Fu condannato a 13 anni, il vigile.

Nicola Alfiero, esponente di spicco dei Casalesi, lo andò a trovare a casa offrendogli 40 milioni di lire in contanti e le chiavi di una villa che doveva solo intestarsi. In cambio, doveva lasciar perdere il sindacato. Federico lo cacciò via di casa.

Io puzzo già cadavere, diceva spesso Federico, consapevole della sorte che lo attendeva.

La sera del 18 febbraio 1992, il giorno prima dell’inizio del processo contro Mattia Sorrentino, una calibro 7,65 pose fine alla vita coraggiosa di Federico Del Prete.

Un grande uomo. Ma quanti lo conoscono?

Ho conosciuto la storia di Federico Del Prete sul bel libro di Sergio Nazzaro, Io, per fortuna c’ho la camorra, edito per Fazi Editore. Un libro civile, da leggere assolutamente.

Letture
Sergio Nazzaro, Io, per fortuna c’ho la camorra, Fazi Editore 2007
Roberto Saviano, Gomorra, Mondadori 2007


6 commenti:

Anonimo ha detto...

Sarà perchè vedo le cose da una prospettiva tutta mia, ma già quel poco che ho letto di quest'uomo mi ha trasmesso qualcosa di molto positivo. So che vista la sua fine potrebbe lasciare l'amaro in bocca, però, alla luce di un disegno più ampio, ha vinto lui. Probabilmente è poco consolatorio per i più, magari non risolverà il nodo al suo interno, ma sapere che esiste chi alza la testa e non si piega pur di fare ciò che sente giusto fa ben sperare, non tanto in una rapida soluzione ma in una lenta presa di coscienza... tutto a suo tempo. Grazie per averlo postato.

Rodolfo Marotta ha detto...

Quando si accorse del killer stava scrivendo su un foglio. Anzichè cercare la fuga si avventò urlando contro l'assassino. Restò così, col foglio stretto in una mano e i denti serrati in un ultimo urlo di rabbia.

Anonimo ha detto...

questo sì che è lasciare la propria impronta. non che sia necessario morire per farlo, ma quest'uomo, come altri anche se non molti, ha mostrato cosa significa essere sé stessi e leali ai propri principi fino all'ultimo...

Anonimo ha detto...

Grazie. Abbiamo bisogno di qualcosa che ci colpisca come un pugno in faccia ogni tanto, giusto per ricordarci a che specie apparteniamo. E quando ce lo siamo ricordati, magari vedendo un nostro simile che si possa chiamare un uomo, abbiamo bisogno di guardare la nostra indifferenza schiva e opulenta per farci un pò ribrezzo. Giusto un piccolo brivido sulla pelle. Aiuta.

Lavocedelsilenzio

Anonimo ha detto...

Ciao Terrarossa. Molto bella la tua segnalazione, come il solito tuo.
Il fatto è che siamo ormai in un paese in piena deriva oligarchico-autoritaria, e la criminalità organizzata è solo un settore della criminalità che ci governa.

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Tutto ci riguarda e su tutto dobbiamo impegnarci. Sono tempi bui, tempi di fascismo e clericalismo. Gli emarginati, le donne oppresse da una società maschilista e clericale, gli immigrati, gli esclusi, tutti quelli che pur facendo una vita normale, stentano, arrancano, vedono i propri desideri ed i propri sogni calpestati dall'arroganza del potere di turno, per i libertari, gli atei, per tutto quel mondo che non trova cittadinanza, che non può esprimere se stesso senza essere criminalizzato, stigmatizzato, allontanato, escluso. Tutte e tutti dobbiamo renderci conto della deriva autoritaria del nostro paese, dove ormai le leggi che si presume dovrebbero regolare la vita comune sono lettera morta, mero strumento dell'oligarchia al potere, un'oligarchia ricca e parassitaria, che vive all'ombra di istituzioni di cui una volta di più si deve constatare la sostanziale continuità storica con il fascismo, mai del tutto interrotta nella storia mancata di quella he avrebbe dovuto essere una democrazia.
Cerco di documentare questo imbarbarimento e questa deriva partendo con i più deboli, gli ultimi, i perseguitati, quelli da cacciare: gli zingari. Con una canzone di De André ed un video sul Porrajmos, lo sterminio nazista dei Rom.

saluti libertari
el

Rodolfo Marotta ha detto...

Credo che il quadro che esprimi sia sostanzialmente vero. Solo che non immagino soluzioni...