12 aprile 2008

Voto inutile

Tempo pessimo per votare, si lagnò il presidente di seggio della sezione elettorale quattordici dopo aver chiuso violentemente il parapioggia inzuppato ed essersi tolto un impermeabile che a ben poco gli era servito nell’affannato trotto di quaranta metri da dove aveva lasciato l’auto fino alla porta da cui, col cuore in gola, era appena entrato. Spero di non essere l’ultimo, disse al segretario che lo aspettava qualche passo indietro, al riparo delle raffiche che, sospinte dal vento, allagavano il pavimento. Manca ancora il suo supplente, ma siamo in orario, tranquillizzò il segretario, Se continua a piovere così sarà una vera impresa se arriveremo tutti, disse il presidente mentre si trasferivano nella sala dove si sarebbe svolta la votazione. Salutò per primo i colleghi di seggio che avrebbero fatto gli scrutatori, poi i rappresentanti di lista e i loro rispettivi supplenti. Usò l’attenzione di usare per tutti le stesse parole, non lasciando trasparire nel viso né nel tono della voce alcun indizio che consentisse di cogliere le sue personali tendenze politiche e ideologiche. Un presidente, sia pure di una sezione elettorale tanto normale come questa, dovrà regolarsi in tutte le situazioni secondo il più rigoroso senso di indipendenza, o, in altre parole, mantenere le apparenze.

[José Saramago, Saggio sulla lucidità, trad. Rita Desti]


Lo stile della scrittura di Saramago è il mio preferito in assoluto. L’ingegnere si adopera in un impeccabile uso della sintassi e una opportuna sobrietà del periodizzare ma qui bisogna inevitabilmente ricordare il lavoro della traduttrice.

Il Saggio sulla lucidità riparte da Cecità. Nello stesso luogo, con gli stessi protagonisti. Una tornata elettorale dove, inaspettatamente, la popolazione non diserta le urne, non cerca alternative. Si reca compatta a votare…scheda bianca innescando, così, un processo che, mettendo in crisi i meccanismi democratici, evidenzia due caratteristiche del potere: l’arroganza della sua azione e l’uso sistematico e inscindibilmente funzionale della menzogna.

Domani andrò a votare, di prima mattina. Una croce a matita, il mio voto “inutile”.

Letture
José Saramago, Cecità, Einaudi
José Saramago, Saggio sulla lucidità, Einaudi

Immagini
1-David
2-Venditrice di terraglia
3-Tabacchine

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Saramago è lo scrittore vivente che amo di più, questo libro però non l'ho letto, provvederò a colmare la lacuna, anch'io sono andata a votare oggi pomeriggio. Il lungo lenzuolo che ho srotolato era pieno di simboli nessuno era il simbolo del mio pensiero, ho votato, come ho sentito dire più e più volte per il meno peggio. Non era questo ciò che volevo. Ciao Lucia

Rodolfo Marotta ha detto...

Un partito è sempre un abito troppo stretto nel quale bisogna entrare a tutti i costi. Quest'anno, poi, con quella legge elettorale, ancora più stretto. Per me sembra sia andata molto molto molto molto male.
Oggi, poi, piovefva in un modo che mi sembrava proprio l'incipit del romanzo di Saramago e, per un attimo, ho sperato che anche nella realtà ci fosse l'80% di schede bianche. Ma, ahimè, la realtà non è stata un romanzo di Saramago.

Rodolfo Marotta ha detto...

Nel post ho dimenticato di specificare che le foto erano della collezione Alinari e risalgono al 1870 circa (deve essere l'incipiente vecchiaia)

Anonimo ha detto...

Il senso di impotenza che trapela dal tuo scritto -e in particolar modo dalle 4 parole finali- è il mio stesso,e mi opprime.

Rodolfo Marotta ha detto...

Sono sufficientemente vecchio, cara Roberta, per ricordarmi dei miei diciotto anni, prima volta al voto. Erano tempi così stimolanti. L'onda del '68 era passata da poco e la risacca preparava l'altra ondata, quella del '77. Il Partito Comunista era fortissimo e faceva tremare la Democrazia Cristiana e alla sua sinistra una costellazione di idee era in fermento. Ci sentivamo elettrizzati, euforici. Avremmo scommesso che avremmo cambiato il mondo. Al dilà delle illusioni che si sono poi squagliate come neve al sole resta il ricordo di quella immensa elettricità alla quale, con vero dolore, contrappongo il nulla che hanno di fronte i giovani come te.
Quindi, Robertina, rivolgi il tuo sguardo fuori di te e prova tu a cambiare, se non il mondo, qualche piccola cosetta.
Ti abbraccio.

Anonimo ha detto...

E c'ero anch'io nel '77, con gli zoccoli ai piedi, la giacca da di pelle con le frange, il gonnellone hyppie, i capelli da squawn aperti in mezzo e con con un cordino di cuoio intorno alla testa. C'ero anch'io alle manifestazioni con i lacrimogeni, alle occupazioni a scuola, a scrivere e discutere fino a notte e stampare ciclostilati, c'ero, con i miei 14 anni che forse valevano piu'di quelli che ho ora. E la rimpiango, ora, quella giacca di tre misure in piu' all'interno della quale il cuore e l'anima potevano spaziare, quella gonna tanto larga e lunga fino ai piedi nella quale non ero costretta ad entrare a tutti i costi, quel cordino stretto intorno ai capelli a ricordarmi che lì sotto c'erano i pensieri. E l'elettricità di quegli occhi, testimoniati da qualche foto sparsa nei cassetti. Mi chiedo se i giovani di oggi saranno capaci di malinconia.

Rodolfo Marotta ha detto...

Chissà... i giovani di oggi avranno la fortuna di dover rimpiangere molto poco e di essere costretti a dover salvare molto poco, cosa che allieverà loro la delusione del fallimento. Così potranno assistere impassibili all'affondamento del Titanic.
Ciao, D. e grazie per le tue parole generose sul post della Cameron.