Eccentricità
Aveva imparato in Africa, durante la guerra, osservando i locali. Imparò l’uso della terra, l’arte di mischiare le terre e di plasmarle, farle materia viva per l’arte.
Con la terra e con nient’altro lavorò a lungo. Si dedicò, poi, alla raccolta di ogni cosa metallica entrasse nel suo campo visivo: vecchi oggetti d’uso quotidiano ormai dismessi, residui di lavorazioni varie, ore passate tra le discariche. Fu un poeta. La terra e i materiali di risulta domestici o industriali erano le sue parole. Costruì poesie di pietra e ferro, cemento e legno e, giorno dopo giorno, partorì il mondo incantato nel quale si poteva entrare in punta di sorpresa.

L’hanno chiamato, quel mondo, il Santuario della Pazienza e questa bella parola, pazienza, questa virtù di chi sapeva impastare il fare e il guardare, di chi sapeva osservare la natura non da fuori, ma da dentro, sapendosi fare natura egli stesso, questa parola dolce segna il ritmo del visitatore e lo guida nel lento precipitare verso l’incanto del cuore.
Perché Ezechiele, il vagabondo in bicicletta dalla folta capigliatura canuta e scomposta, il questuante del ferro perduto, era chiamato da tutti l’eccentrico ma l’assoluta razionalità del suo operare, la consapevolezza del suo ruolo di artista erano dell’intellettuale.
Era un intellettuale analfabeta, Ezechiele dalla scrittura tremolante. La sua intelligenza era quella della terra, dell’aria e del mare.
Sono sufficientemente avanti con gli anni da poter ricordare l’ andatura lenta della sua bicicletta per le vie del paese. L’eccentrico, il pazzo, dicevano. Ezechiele: la sua terra è la mia terra.

Eccentrico è chi pensa e agisce differentemente dai più. E io lo sono. E Thelonious lo era, come Ezechiele.
L’omone dai mille cappelli che percuoteva la tastiera del pianoforte come fosse uno xilofono. L’orso dal ballo propiziatorio. E la musica, sempre inattesa, dietro una curva, improvvisa, e capace di perdersi per traiettorie imprevedibili. Eccentrica.
Le due note acute della melodia sono proprio al di là del registro del sassofono tenore. E’ possibile suonarle, ma utilizzando gli armonici, difficili da padroneggiare e che possono causare qualche sgraziato squittio. Prima reazione del sassofonista: Senti, Thelonious, lo hai scritto troppo alto, ti spiace se lo suono un’ottava sotto? Risposta: Sei un musicista professionista? Bene. Sei iscritto al sindacato? Bene. Allora suona quella maledetta partitura. Fine della questione.

Percorreva Central Park o Lower East Side col suo doppio occhio reflex, pronta a posare lo sguardo rettilineo sulle ferite purulenti di New York. E le mostrava, quelle piaghe, sembrando dire: Ecco il vostro sangue che sgorga! Erano sguardi, i suoi, all’interno buio della nostra coscienza perfetta. Rivoltava gli orli della carne sanguinante per mostrarla ai nostri occhi smarriti.
Il suo linguaggio era radicale, spoglio di ogni spontaneismo.
I ritratti sono piantati davanti alla fotocamera, presenti nel loro esistere o resi vivi dalla coscienza civile del fotografo. Anche nell’uso del flash […] non ha mezzi termini ne altre veline estetizzanti; il colpo di luce lo butta addosso ai soggetti in modo quasi brutale; è solo un supporto che permette di cogliere una poetica del ritratto, fabbricare l’apologia dell’uomo dragato al fondo della propria esistenza.

Eccentrico vuol dire strano, straniero, dunque, non appartenente alla comunità. Ezechiele e Thelonious furono stranieri ai loro contemporanei, al di fuori, privi di appartenenza. Il loro non appartenere alla società ma alla natura, indica l’estraneità nostra all’essenza del mondo.
Così ho parlato dell’eccentrico.
Di Ezechiele Leandro, poeta della natura, erroneamente definito naif ma dotato di forte coscienza intellettuale.
Di Thelonious Monk, poeta della musica,il grande pianista, genio che suscitò vani tentativi di catalogarlo come incompreso ma la cui dimensione emerse chiara e la cui esistenza sprofondò nel buio del male di vivere.
Di Diane Arbus, poetessa della fotografia e del mondo dei differenti, gli eccentrici del mondo, il nostro lato oscuro.
Grazie a voi di essere esistiti .

NOTE
I brani in corsivo sono tratti, rispettivamente, dal libro di L. deWilde, Monk Himself, edito da Minimum Fax e dal libro Della fotografia trasgressiva, di Pino Bertelli, edito da NdA Press.
Leggo
Laurent De Wilde, Monk himself-La vita e la musica di Thelonious Monk, Minimum fax
Pino Bertelli, Della fotografia trasgressiva- Dall’estetica dei freaks all’etica della ribellione. Saggio su Diane Arbus, NdA Press
Thelonious Monk with John Coltrane at Carnegie Hall, Emi
Guardo
Le opere di pittura e una scultura in polistirolo di Ezechiele Leandro

2 commenti:
Trovo l'essere eccentrici l'unica via percorribile per essere se stessi.
Incarnare la propria essenza, riconoscerla e darle la possibilità di realizzarsi è, dal mio punto di vista, la sola maniera per dare un senso alla propria vita. Altrimenti questo "passaggio" sarebbe veramente una comparsata...
Le persone di cui hai parlato sono "essenze" speciali. Sicuramente.
A presto
Trovo che sono assai d'accordo, baronessa.
Come te, amo T. Monk e il suo pianismo così essenziale e pieno di tensione!
E in fotografia, adoro il punto di vista di Diane Arbus. Ne scrivo spesso, a costo di essere ripetitivo...
A presto.
Posta un commento